venerdì 18 gennaio 2008

Bioetica nostrana, siamo sicuri sia la strada giusta?


Dal dicembre 2006 l'Italia ha un nuovo Comitato Nazionale di Bioetica, emanazione della presidenza del consiglio dei Ministri, il suo scopo è interpretare il pluralismo delle visioni bioetiche nel nostro stato e come si vuole indirizzarne il dibattito.
Alla luce dell'annuncio ufficiale esecutivo, questo nuovo comitato è stato selezionato in base a quattro criteri fondamentali:
la riduzione dei membri (da 52 a 40)
un maggior numero di donne presenti (15)
l'abbassamento dell'età media
un ricambio nella composizione dell'organismo

fin qui nulla di contestabile, se non fosse che stride in maniera clamorosa la totale assenza di un requisito fondamentale che per quanto i 4 criteri possano essere condivisibili e positivi, li invalida tutti; manca la competenza nel merito.
La riduzione del numero non garantisce certo il pluralismo, al contrario diminuisce le opinioni, un fondamentalista intollerante può benissimo essere giovane, e può essere una donna o può apparire come ricambio rispetto a chi va a sostituire.
Se poi andiamo a scorrere i nomi dei membri ci rendiamo conto del fatto che si presenta una realtà affatto neutrale, ma schierata, viene da chiedersi se i criteri di scelta dei membri siano stati solo quelli citati finora.
Dall'osservazione dei singoli membri in base al lavoro che svolgono, curriculum, a ciò che hanno dichiarato o pubblicato (i diritti dei conviventi, lo statuto dell'embrione, il controllo delle nascite...)si evince che il numero dei rappresentanti del mondo cattolico ammonta a 24, ventiquattro individui.
Che su 40 di per se già superano il quorum ovvero il 50%+1, un numero perfetto per avere la maggioranza assoluta.
Nei passati comitati di bioetica la presenza di questa linea di pensiero è sempre stata preponderante,in un certo senso fa parte dell'Italia, della sua storia non scritta e sicuramente mai seriamente discussa, come appare evidente che il presidente sia un fervente ed intransigente cattolico.
Alla maggioranza assoluta quindi và aggiunto l'ex presidente della corte costituzionale ed attuale presidente dell’Enciclopedia Italiana Treccani, Francesco Paolo Casavola, professore di diritto romano, che eserciterà la sua influenza di cattolico democratico in quanto presidente del comitato.

Nella maggioranza troviamo quindi rappresentanti della CEI, sacerdoti, cattolici più o meno conservatori, giuristi, medici oltre ad intellettuali di tutto rispetto, il problema è che in questo momento storico l’aggressività e l’intransigenza d’oltretevere fanno sì che si verifichi sempre lo stesso iter nel momento in cui viene chiesto di prendere decisioni cruciali.
La dinamica è: lasciar proliferare il dialogo, almeno apparentemente, fatto salvo che non appena si tocca un tema caro alla chiesa arriva il richiamo a voce alta dei porporati.
A quel punto la distinzione tra cattolici più o meno maturi si scioglie come neve in un forno acceso, bloccando di fatto il dialogo.

Tra questi membri appaiono quindi anche alcuni tra i più agguerriti di quel cattolicesimo conservatore ed antiscientifico che ha trasformato i dibattiti in campagne ideologiche violente ed intolleranti, oltre che sicuramente poco informate in ambito scientifico, ne è un esempio è il turpiloquio scurrile riguardante l’eugenetica nazista, oppure quello della scienza della morte, la tirannia della tecnica o la manipolazione della vita.
Insomma nella maggioranza schiacciante si annida lo zoccolo duro degli oltranzisti mai visto finora.

I laici sono i rimanenti 16 membri, tra cui alcuni elementi di spicco della scienza italiana, Alberto Piazza, Elena Cattaneo e Silvio Garattini, al loro fianco i rappresentanti di altre religioni.
Infine uno sparuto gruppo di rappresentanti della bioetica laica italiana storica.
Il loro ruolo è far un po’ di rumore tanto per far vedere che ci sono altri punti di vista, il laico tutto d’un pezzo ha potuto dire la sua nonostante le decisioni siano state prese “democraticamente” con tanto di stupore da parte dei 24… il pluralismo è salvo!
Insomma i laici sono e devono essere in minoranza, devono fare rumore, protestare e sbraitare, possibilmente litigando tra loro e senza dote di dialogo, non sono utili.

Nel CNB inoltre se indaghiamo scopriamo che i membri di formazione umanista e che quindi non hanno una formazione scientifica sono ben 24, una maggioranza schiacciante che si esprime su temi di attinenza scientifica e sperimentale
Per contro si contano 8 medici ed 8 scienziati che comunque restano in minoranza.

Nei paesi civili ed avanzati la comunità scientifica viene principalmente ascoltata, nell’eventualità controllata, perché si tratta di un prezioso interlocutore, l’obiettivo è fornire alla politica gli strumenti necessari per far evolvere la sfera dei diritti civili e condividere l’etica della comunità.
Non accade assolutamente che vengano visti come una minaccia che diffonde la cultura della morte, per carità i fanatici religiosi che additano la scienza come un male supremo esistono ovunque, solo che in genere si vedono per strada… non in sedi di governo o peggio in comitati che decidono come deve comportarsi la ricerca.
In Italia il CNB si esprime attraverso pareri censori e moralistici, oltre a venire consultato sporadicamente.
La comunità scientifica non viene presa in considerazione nei dibattiti pubblici, viene strumentalizzata e messa in caricatura, ne abbiamo avuto un triste esempio durante il referendum sulla legge 40/2004 del giugno 2005, un singolo scienziato(un addetto ai lavori con una cultura adatta a comprendere e divulgare in quest’ambito) quindi viene messo sullo stesso piano di qualsiasi altra persona.

La ricerca sulle cellule staminali embrionali in Italia

Un altro punto fondamentale è la libertà di ricerca:
negli ultraconservatori Stati Uniti nel 2004 si è deciso che la ricerca sulle cellule staminali embrionali non doveva essere finanziata da fondi pubblici, ovvero l’amministrazione si assume le responsabilità politiche di fronte agli elettori di una scelta vincolante per la ricerca statale, ma questo non vieta ai privati di finanziare studi in tale direzione, nel nostro stato invece la decisione è vincolante perché la legge stabilisce un divieto che se violato porta a sanzioni.
Più semplicemente è proibita.
Insomma il Comitato Nazionale di Bioetica decide sia le linee guida della ricerca, favorendone una piuttosto che un’altra, ma decide cosa è lecito o illecito fare, diritti o crimini.

Il nostro stato punta tutto sulle cellule staminali adulte e fetali, si ritiene che siano la linea di studio di maggior successo, l’intera stampa cattolica le loda e dice che “sarebbe eticamente inaccettabile orientarsi diversamente”, intervistando giornalmente i ricercatori che le studiano, sottacendo rischi e fallimenti per una questione ideologica.
Le staminali embrionali invece sono ritenute peccato, non curano nulla, gli studiosi che si concentrano su di loro creano facili illusioni nei pazienti.
Però questa è una decisione di Stato, non ha nulla a che fare con la reale situazione della ricerca a livello mondiale.
Il buon senso suggerisce di orientare gli studi in tutte le direzioni e non concentrarsi solo in un senso, escludendo per ragioni che di scientifico hanno ben poco possibilità irripetibili.
Entrambe le linee i ricerca hanno tanti vantaggi quanti svantaggi, inoltre uno studio può avere benefici sull’altro, la posta in gioco è notevole, non solo vi è la medicina rigenerativa capace di risolvere problemi oggi insormontabili, ma anche un’opportunità di comprensione di quei meccanismi naturali che portano alla formazione di tessuto oppure le cause di malattie che oggi ignoriamo.
Insomma qualcosa da non sottovalutare assolutamente, eppure un pregiudizio scientifico si trasforma in una legge restrittiva che sancisce cosa si può conoscere e cosa no.
Nel frattempo tutti i fondi pubblici finiscono a chi si occupa di staminali adulte e parte dei ricercatori che ne usufruiscono si sono battuti profondamente per il fallimento del referendum sulla legge 40.
Pura ideologia? Evitiamo le dietrologie inutili e torniamo ai fatti, è possibile comunque una scappatoia, studiare le staminali embrionali già predisposte in coltura prima del divieto di produzione di nuove linee cellulari, perfetto! Basterebbero semplicemente i fondi ma questi non vengono elargiti dallo stato, quindi non si può fare.
Non sarebbe proibito, ma di fatto è negato.
Da qualche tempo una proposta di legge del ministro Rutelli propone la destinazione di decine di milioni di euro verso lo studio delle staminali adulte, nel prologo della legge si evince che “sono le più promettenti”, questo sulla base di un caso clinico montato ad hoc (no esistono staminali del pancreas, o almeno non sono state ancora scoperte finora)sl quale legiferare e stanziare fondi pubblici su una non conoscenza della scienza, queste le parole di una requisitoria di Carla Cattaneo.
Ma nella proposta di legge vi è un ulteriore stanziamento di fondi pubblici, tre milioni di euro per informare i cittadini sulle straordinarie possibilità terapeutiche delle staminali adulte, insomma pura propaganda unilaterale.

Rimane comunque un paradosso il fatto che in Italia la ricerca debba avere a che fare con ristrettezze economiche, ostacoli legislativi, conflitti di interessi e scelte di divieti del tutto arbitrarie da parte di quell’ortodossia che risiede in parlamento e nella commissione di Bioetica.



Per chi volesse visitare il sito governativo questo è il link
http://www.palazzochigi.it/bioetica/index.html

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