giovedì 23 luglio 2015

Ha senso discutere con i credenti?

 Per anni ho avuto l'entusiasmo di discutere ed argomentare, la voglia di spiegare le mie ragioni a chi non voleva saperne di prendere atto del fatto che qualcuno non ricambiasse la sua fede.
 Ma comincio a dare i primi segni di gonadi frantumate e nel tirare le somme ho deciso di spiegarvi il perchè.
Mettiamola così, ci sono persone che affermano l'esistenza delle divinità e su questa base creano le loro morali.
Nulla da eccepire, per quanto io possa trovare assurda o ridicola una fede in quanto basata su irrazionalità e fantasie incredibili (intese nel senso etimologico del termine, ovvero NON-CREDIBILI), se essa è un atto personale e non danneggia la mia esistenza, se in questa convinzione si ripone una speranza, magari legata ad una vita problematica, perchè mai dovrei essere contrario?  Non vedo affatto come un problema la libertà di credere in una divinità se questa crea un senso di benessere, per quanto illusorio nella mente di un credente.
Inoltre noi siamo fortemnte predisposti a vedere le cose in maniera finalistica ed è un fenomeno Darwiniano ben conosciuto.

 Il problema è che non tutti condividono tale fede, come non tutti condividono determinate morali fatte di precetti e divieti a volte retrogradi e talvolta stupidi.
Fintato che qualcuno si limita ad attuare una simile condotta di vita tenendola per sè, il risultato è che non si limita la libertà di nessuno.
Ma c'è un ma:
Io non condivido il credo nella divinità, qualsiasi essa sia e di conseguenza non posso trovare certi principi morali, i quali risultano giustificabili esclusivamente in base all'esistenza del divino, sensati ed accettabili.
Ad esempio io voglio poter mangiare insaccati fatti con carne di maiale che alcune fedi reputano impuro, perchè non dovrei gustare la mortadella se tu credente non vuoi mangiarla?
Non si limitano a rispettare i loro principi morali, si accaniscono nel non considerare le altre morali, magari dettate dal buon senso, come tali
Poichè i loro principi morali sono gli unici principi accettabili.
Perchè questa discriminazione?
Perchè la morale religiosa non è un obiettivo o un fine, ma è lo strumento che porta a ciò che la fede promette: ovvero la vita eterna, la salvezza dell'anima, il paradiso, la pace in terra, la definitiva liberazione dal male...
Un ateo come il sottoscritto invece, come ho già detto, reputa i principi morali fini a sè stessi, ovvero utili per il vivere comune,  in armonia col prossimo senza arrecare alcun danno a chi mi circonda.
Se aiuto una persona lo faccio perchè so che è un atto dovuto verso qualcuno e non mi aspetto alcuna ricompensa ultraterrena per essermi comportato in tale maniera.
Ho semplicemente ascoltato il mio buon senso, ma sto notando sempre più spesso che i credenti non riescono a percepire questa distinzione tra princìpi utili e princìpi inutili, tra princìpi accettabili e princìpi talmente lontani nel tempo da essere sorpassati, fatti di precetti di dubbia utilità o di divieti assolutamente deliranti.
Nel non comprendere questa cosa ecco che nella mente del credente si viene a creare un corto circuito che porta ad una conclusione immancabilmente errata, secondo cui quando qualcuno perde la sua fede, irrimediabilmente perde la sua morale.
La sola ed unica morale accettabile, ne consegue che io, in quanto sprovvisto di morale religiosa, non avrei una morale.
Avete mai sentito rivolgervi detti come:
chi non crede in dio non crede in niente
oppure la variante
chi non crede in dio crede a tutto / nel diavolo
o ancora
se non si crede in dio tutto è possibile

Nel primo caso, chi non crede in dio non crede in qualsiasi entità irrazionale, ma non significa che non possa credere nei sentimenti o nei principi etici.
Nel secondo caso, il detto vorrebe far passare il fatto che tolta la fede in dio qualsiasi altra credenza, anche la più assurda e delirante possa passare senza problemi (più di quella cristiana?n.d.a.)
quando invece verrebbe vagliata dalla ragione esattaente come è accaduto per la fede cristiana.
Quanto al diavolo, come potrei credere al sottoprodotto del dio in cui non credo? il pacchetto è completo, all inclusive.
Nell'ultimo caso, non è una frase lusinghiera ma suona così, se non si crede in dio vengono meno i freni morali e si è portati a commettere gli atti più nefasti.
Inutile spiegare il perchè sia un concetto delirante, l'ho appena descritto.
L'oltranzismo è la base della chiusura mentale che non permette di accettare altre visioni del mondo o libertà civili e porta a voler condizionare la vita di tutti, vietando leggi o promuovendone altre.
Ecco che abbiamo assistito alle battaglie anti parità di diritti (sesso, orientamento sessuale, orientamento religioso o assenza di esso, cultura ecc..), al vuoto legislativo verso il fine vita, alla comparsa di leggi irrazionali come la legge 40 e via discorrendo.
Il cristianesimo nello specifico parla di Valori non negoziabili, precludendo ogni possibilità di apertura, semplicemente o si agisce secondo la morale cattolica o si agisce secondo la morale cattolica.

Oppure come ho spesso raccontato su questo blog, si è arrivati alla negazione di scoperte scientifiche ed addirittura alla cancellazione del loro insegnamento nelle scuole.
Nel 2005 ad esempio l'allora ministro Letizia Moratti cancellò lo studio dell'evoluzione dalle scuole medie, fu istituita una commissione dopo le proteste dell'intero panorama accademico nazionale.
Prima ancora della consegna della relazione della commissione (favorevole al ripristino ed al potenziamento dello studio della teoria evolutiva)
la Moratti ne presentò un'altra simile ma corretta in cui si apriva al creazionismo come credibile alternativa(!).
Ogni qualvolta si discute con un religioso, il semplice fatto di dissentire è cosiderato un'offesa,
ogni pensiero critico che infrange un tabù morale è considerato una mancanza di rispetto,
il problema è che il credente non cerca il rispetto, perchè il rispetto và dato in maniera equa riguardo a quanto si riceve ed i credenti non ne mostrano per chi non la pensa come loro, essi pretendono solo sottomissione alle loro idee.
Universalmente ed unilateralmente.

Cercare di discutere con un religioso non porta mai a niente, ma quale sarebbel'alternativa? Perculare e basta? Ricambiare la loro violenza?
Sono certo che discutere non porti a far valere alcuna ragione dell'ateismo o del semplice pensiero Laico, in quanto il nostro interlocutore non parte dal principio di voler discutere.

Discutere vuol dire prendere le proprie idee, metterle sul tavolo insieme a quelle degli altri e confrontarsi.
Se le idee altrui sono più convincenti e circostanziate delle nostre, se siamo intellettualmente onesti, siamo in grado di riconoscere le falle nelle nostre convinzioni e magari cambiare idea.
Lo so, per molti è difficile abiurare, ma è grazie al confronto che si cresce e che ho raggiunto le mie opinioni su molti temi.
Se il nostro interlocutore parte dal principio che noi atei, in quanto tali, siamo sbagliati e che unilateralmente dovremmo essere convertiti, ma soprattutto che le nostre parole siano veleno da evitare a piè pari, ha senso tentare di confrontarsi?
Anche il più apparentemente aperto degli interlocutori cade in fallo quando si tratta di cercare una discussione seria e circostanziata, c'è un uso smodato di fallacie logiche, non cerca un punto comune da cui iniziare l'esposizione delle sue idee e non ammette nemmeno sotto tortura la veridicità di dimostrazioni ber circostanziate.
Insomma, siamo di fronte ad una barricata mentale insormontabile, che cerca costantemente di creare barriere nelle menti dei suoi simili e zittisce chiunque non condivida tali limiti di chiusura mentale...
Sì i mentalmente chiusi saremmo noi atei!

Ha senso perdere del tempo?


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